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Benessere aziendale e smart working. Tra opportunità, sfide e nuove visioni del lavoro

17 Aprile 2025 13:36

Articolo scritto dall'Alumno Leonardo Menegola

 

1. Smart working e benessere: oltre il paradigma economico

La digitalizzazione e lo smart working impongono una riflessione critica sul benessere lavorativo, che non può ridursi a produttività e performance, ma deve integrare dimensioni psicologiche, relazionali ed emozionali. Il dibattito accademico e manageriale spesso privilegia gli impatti economici, trascurando identità professionale, senso di appartenenza e work-life balance, considerati oggi come elementi-chiave per un ambiente di lavoro sostenibile.

 

2. Coabitare collaborativamente il contesto di lavoro: da remoto?

La letteratura sul co-housing e quella sulla collaborazione nell’apprendimento offrono una metafora potente per ripensare il lavoro in presenza come spazio abitato in modo collaborativo, in modo da generare engagement e benessere. La sfida attuale è tradurre questa dinamica nei contesti digitali, nei quali il lavoro a distanza rischia di compromettere tali valori. Strumenti tecnologici adeguati e una progettazione consapevole delle interazioni online possono favorire una coabitazione virtuale collaborativa, capace di stimolare cooperazione e coinvolgimento. Tuttavia, queste misure rischiano di rimanere strumenti isolati e poco incisivi se non si inseriscono in una cultura aziendale che promuova attivamente la collaborazione come valore strutturale, piuttosto che come semplice espediente tecnico

 

3. Digitalizzazione del lavoro, gestione del tempo e disconnessione digitale

L’accelerazione della digitalizzazione richiede un equilibrio tra vita personale e lavorativa, in modo da ridurre rischi di overload e burnout. Il diritto alla disconnessione non è solo una policy formale, ma implica una revisione delle dinamiche organizzative per evitare iperconnessione e sorveglianza digitale. Strumenti di monitoraggio dell’attenzione e dispositivi wearable possono supportare un uso più consapevole delle tecnologie, purché inseriti in strategie aziendali che favoriscano la sostenibilità lavorativa senza intensificare la pressione performativa. Anche in questo caso, senza un ripensamento delle dinamiche organizzative e della cultura manageriale, l’adozione di strumenti digitali e pratiche collaborative rimane superficiale e priva di un impatto duraturo sul benessere e sull’engagement dei lavoratori.

 

4. Diversity management e inclusione come fattori di benessere

L’inclusione non è solo un obiettivo etico, ma un fattore chiave per il benessere organizzativo. Ricerche sul diversity management mostrano che gli ambienti che valorizzano diversità di genere, culturali e cognitive favoriscono motivazione, riduzione del turnover e coesione. La sostenibilità dell’inclusione richiede politiche flessibili, job crafting e mentoring intergenerazionale, per garantire equità e accessibilità, migliorando sia il clima aziendale che la produttività. Nel contesto dello smart working, queste strategie diventano ancora più cruciali per evitare il rischio di isolamento, assicurando che inclusione e accessibilità restino pilastri anche nei modelli di lavoro flessibili e digitalizzati.

 

5. Il benessere lavorativo e le sue ridefinizioni con le nuove generazioni

Le nuove generazioni concepiscono, in misura maggiore rispetto alle precedenti, il lavoro come mezzo di una realizzazione personale intesa in senso più ampio. Priorità come flessibilità, autonomia e impatto sociale ridefiniscono il concetto di benessere lavorativo, spingendo le aziende a ripensare engagement e leadership. Fenomeni come il Quiet Quitting e la Great Resignation dimostrano il rifiuto di modelli rigidi e alienanti. Il benessere non si misura più solo in termini di produttività, ma attraverso motivazione intrinseca, crescita personale e qualità dell’esperienza lavorativa.

 

Riferimenti

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