Giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza - Ne parliamo con Annabella Amatulli
10 Febbraio 2023 16:45
Istituita nel dicembre 2015 al fine di riconoscere il ruolo fondamentale che le donne e le ragazze svolgono nel campo della scienza e della tecnologia, questa giornata costituisce un'opportunità per promuovere nei loro confronti pieno ed equo accesso e partecipazione agli ambiti scientifici.
L'uguaglianza di genere deve essere uno dei punti cardine su cui fondare lo sviluppo scientifico, la rivoluzione digitale, la crescita economica, l'ottimizzazione delle risorse e la promozione di nuove scoperte: passi fondamentali della nostra società che per essere realizzati non possono prescindere da una piena parità e l’inclusività.
Questa giornata vuole essere inoltre l’occasione per incoraggiare le giovani donne a intraprendere una carriera nei settori scientifici e tecnologici. Un problema concreto infatti è che molte ragazze vengono disincentivate dalla propria famiglia e dalla società a studiare discipline STEM.
Ne abbiamo parlato con Annabella Amatulli, Chief Regulatory Officer presso Napo Therapeutics SpA, una realtà in ambito biofarmaceutico che ci occupa di malattie rare. In aggiunta al suo ruolo professionale nel settore farmaceutico, Annabella è da sempre attivamente coinvolta in questioni di parità di genere in quanto Advisory Board Member di STEAMiamoci, un progetto di Assolombarda nato per valorizzare talenti femminili nelle professioni scientifiche e tecnologiche, e in quanto presidente del chapter italiano di Healthcare Businesswomen’s Association, un’associazione che si propone di supportare l’equità di genere nelle posizioni leadership nel settore sanitario, oltre che a creare network e best practice per far emergere il talento femminile.
“La situazione è tragica. È da tempo che continuo a ripetere i dati di Ipsos e Save The Children che ci dicono che il 54% delle adolescenti è appassionata a materie scientifiche ma solo il 22% si iscrive a facoltà STEM”, ci dice. “Quello che accade è che perdiamo alla base il 50% delle ragazze, già nel momento in cui devono scegliere che scuola media superiore frequentare. Spesso vengono invitate ad iscriversi al liceo classico o scuole professionali più “femminili”. Per quanto riguarda poi la scelta del percorso universitario, molte di coloro che decidono di seguire la propria passione scientifica, lo fanno comunque seguendo strade ritenute più canoniche per una donna: studiano magari bilogia, farmacia, ostetricia, infermieristica o ingegneria biomedica perché si pensa in futuro sarà più facile per loro conciliare queste carriere alla vita familiare o perché pensano di trovare una realtà meno maschile”. Un altro grande problema, una volta avviato il proprio lavoro, è anche la disparità salariale. “Esattamente. Io ho la fortuna di lavorare in ambito farmaceutico e questo fattore è meno sentito perchè da anni le aziende stanno lavorando per eliminare il gap nonostante ci siano comunque molti pregiudizi culturali: mi occupo di affari regolatori ed in Italia questo è ritenuto un lavoro femminile perché richiede grande precisione e attenzione ma in realtà è un ruolo altamente strategico e complesso – che richiede abilità di negoziazione con i vari Ministeri della Salute e Agenzie Regolatorie a livello mondiale.”
Il World Economic Forum pubblica annualmente report con ranking che ci danno un’idea chiara della situazione mondiale. I dati del 2021 ci dicono che l’Italia è al 63° posto nella classifica del Global Gender Gap Index, in netto miglioramento rispetto all’anno precedente ma comunque tra i peggiori d’Europa e ben al di sotto di paesi come la Namibia e il Rwanda in cui i diritti umani sono spesso molto compromessi. Come è possibile questo? “Perchè il Gender Gap Index tiene conto di diversi fattori come la salute e il tasso di mortalità femminile che per fortuna in Italia è molto basso ma anche dell’occupazione, delle opportunità per le donne e dell’empowerment politico, ambiti in cui l’Italia è molto debole. In Italia poi la pandemia ha portato ad un peggioramento del tasso di occupazione femminile perché culturalmente sono le donne a doversi occupare della famiglia, abbandonando il posto di lavoro, soprattutto nei momenti di crisi”.
Questo si sente molto anche nella gestione della maternità: “Sì, in ambito farmaceutico c’è una maggiore parità perché ad esempio in molte aziende anche i padri usufruiscono del congedo parentale fornito dal datore di lavoro ma sappiamo bene come in molti ambiti il carico della gestione familiare sia tutto sulle spalle delle donne e spesso mancano strutture adatte a sostenerle nel doppio ruolo di madri e lavoratrici. Pensiamo ad esempio al mondo precario della ricerca scientifica”.
L’obiettivo per i prossimi anni sarà dunque quello di sostenere le future scienziate già in età scolare affinché possano studiare discipline STEM con l’appoggio della famiglia, della scuola e della società e che poi, una volta entrate nel mondo del lavoro, possano godere della parità salariale e abbiano sussidi costanti che permetta loro di non dover rinunciare alla propria carriera per doversi occupare, da sole, della propria famiglia. Un obiettivo necessario, per raggiungere il quale ci vorranno molti anni e un impegno costante della società, delle istituzioni e della scuola.