Ilaria Fava
Ha ottenuto una laurea in Economia e Commercio e ha svolto poi il dottorato in ambito marketing presso l’Università di Milano - Bicocca. Ha lavorato per 8 anni al MIP (POLIMI Graduate School of Management), occupandosi tra le tante cose dell’apertura della prima azienda del politecnico in Cina. Oggi è a capo dell’ufficio relazioni e alumni dell’Humanitas University.
Ilaria Fava: un viaggio tra innovazione e networking globale
21 Novembre 2024
Abbiamo intervistato Ilaria Fava, che ha ottenuto una laurea in Economia e Commercio e svolto il dottorato in ambito marketing presso l’Università degli studi di Milano-Bicocca. Dopo diverse esperienze che l’hanno portata a lavorare all’estero, oggi è a capo dell’ufficio relazioni e alumni dell’Humanitas University.
Com’è stato il tuo percorso di studi in Bicocca?
Mi sono iscritta in Bicocca alla facoltà di economia e commercio, sono stata la prima persona in tutta Bicocca a svolgere la tesi di laurea in lingua inglese perché ho fatto un tirocinio (all’epoca stage) a Monaco di Baviera presso un’azienda internazionale. La richiesta del tutor aziendale fu di autorizzare il mio lavoro solo se loro avessero potuto verificarne i contenuti e quindi è stata fatta in lingua inglese.
Terminato il percorso di studi in Bicocca, avendo sempre avuto in mente un percorso internazionale, mi sono fermata a fare un Dottorato di ricerca in ambito marketing, durante il quale ho anche avuto l’opportunità di collaborare con delle aziende multinazionali (ad esempio Whirlpool Europe) e quindi cominciare a fare un pochino di esperienza sempre in contesti internazionali. Al termine del mio Dottorato di ricerca ho lavorato per il CRIET, il centro di ricerca in Bicocca.
Siamo arrivati alla fine dei tuoi studi, cos’è successo dopo?
Dopo un paio d’anni in collaborazione con Juventus e altre aziende, ho scelto di collaborare con il MIP (POLIMI Graduate School of Management) la business school del politecnico di Milano. Sono rimasta 8 anni presso il MIP, occupandomi dello sviluppo internazionale in ambito Corporate, identificando dei Master in vari argomenti per multinazionali.
Nel giro di poco tempo il focus si è spostato dall’area Corporate a Relazioni Internazionali per il MIP e poi per la School of Management, occupandomi in particolare di India, Russia e Cina.
Dopo qualche anno in cui gestivo i rapporti con i partner universitari (università o proprio business school in questi paesi) è stata presa la decisione del Politecnico di Milano di fare un importante investimento in Cina. Il mio focus si è spostato su questo progetto: abbiamo aperto la prima azienda del Politecnico (insieme al POLI.design) in Cina che potesse dedicarsi alla formazione di secondo livello, quindi tutta la parte di formazione a livello di Master.
Tutto ciò ha comportato un grosso sforzo per il politecnico, viaggi mensili in tutta la Cina, soprattutto la parte della costa dell’est ma anche verso l’interno.
Come sei arrivato al tuo attuale ruolo?
Dopo un po’ ho optato per una scelta lavorativa diversa e quindi dedicarmi a un progetto che avesse un alone di start up. Sono andata a lavorare in Humanitas University, una nuova realtà, un’università a Milano che aveva un imprinting internazionale: avrebbe aperto corsi di medicina solo in lingua inglese.
Per me è stata una sfida interessante occuparmi di tutta la parte di marketing, comunicazione e recruiting, in una prima fase per lanciare un’università che era sconosciuta (al contrario dell’ospedale che invece era già molto noto). Quindi ho abbandonato la mia amata Cina a favore di un progetto dove avrei potuto esprimermi con tanta fantasia e tanto estro nel far crescere qualcosa da zero.
Negli ultimi cinque anni il mio ruolo è cambiato, da recruiting e comunicazione a relazioni internazionali. L’università, infatti, è cresciuta, raggiungendo degli ottimi traguardi e quindi serviva creare un ufficio dedicato in modo specifico alle relazioni internazionali e che si occupasse di creare opportunità, non solo di mobilità per studenti, docenti e staff, ma anche di creare nuovi progetti, nuovi corsi di formazione.
Cosa ne pensi delle associazioni Alumni in generale e anche delle associazioni con cui sei entrata in contatto a vario titolo?
Le associazioni di Alumni sono, secondo me, organizzazioni che possono essere davvero utili per dare un contributo, non solo a chi è associato, ma allo stesso Ateneo.
All’Ateneo, ovviamente, per aumentare la visibilità e il brand awareness per l’individuo, per la creazione di un network che può avere fini lavorativi e non solo. In Italia purtroppo c’è poco il concetto di feedback, invece grazie alla mia forte esperienza internazionale, ho visto le associazioni Alumni a Singapore, in Cina e in India. Addirittura le associazioni Alumni in India o anche in Grecia sono legate alla scuola superiore quindi reputo che ci sia un grosso potenziale.
Spesso gli studenti italiani, una volta finiti gli studi, abbandonano il proprio ateneo.
Quello che manca è fare un salto culturale e capire che rimanere legati al proprio ateneo vuol dire essere in qualche modo riconoscenti perché il proprio sapere, la propria carriera è partita da lì.