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Ilaria Tani e i "diritti del mare"

19 Marzo 2018

Conosciamo insieme il percorso peculiare di Ilaria Tani, una carriera che unisce una solida formazione in Giurisprudenza in Bicocca (Dottorato e Phd) e l'interesse personale per l'ecologia e le scienze marine. Ex funzionaria giuridica della Divisione Oceani di New York, ora docente al corso di Laurea Magistrale in Marine Sciences, proprio dal sodalizio tra diritto ed ecologia,  con lei nasce l'idea del seminario "Oceani di plastica e di ghiaccio".

 

Ilaria Tani, avvocato, un dottorato in Bicocca e poi? Quali sono stati i tuoi primi ambiti di lavoro?
Durante il dottorato di ricerca, con una tesi in diritto internazionale del mare, avevo viaggiato per lavoro tra New York, Cape Town e alcune capitali del Mediterraneo. Dopo ho intensificato la mia collaborazione con la Divisione Oceani e Diritto del Mare di New York (Ufficio Affari Giuridici delle Nazioni Unite), lavorandovi come funzionario giuridico associato per alcuni anni. Gli anni del dottorato li ricordo come molto impegnativi: contemporaneamente svolsi i due anni di pratica legale a Milano e appena mi fu possibile, grazie alla borsa di studio della Bicocca, partii per le mie ricerche. Ricordo ancora un tremendo viaggio tra New York e Milano, rifugiata sugli ultimi sedili di un Airbus stipatissimo a studiare diritto di famiglia per prepararmi all’esame di Stato per avvocato! 
Ho quindi perseguito le due strade. Da un lato, mi sono occupata di diritto internazionale del mare, prima come funzionario giuridico in Segretariato e poi nella delegazione italiana in Assemblea Generale (Nazioni Unite), in gruppi di lavoro e processi consultivi sulle risorse genetiche dei fondali abissali, la ricerca scientifica, la pesca, la tutela della vita umana in mare, contribuendo anche ad attività di capacity-building per funzionari di paesi in via di sviluppo e di supporto a missioni sul campo (per esempio, ad Haiti).  A Bruxelles, ho preso parte per alcuni anni al Gruppo di Lavoro sul Diritto del Mare come delegata italiana e, nel 2014, come delegata della presidenza italiana all’Unione europea insieme al mio maestro, il Professor Tullio Scovazzi (ordinario di diritto internazionale a Milano-Bicocca). 
Dall’altro lato, ho sempre cercato di immergermi nella vita più “domestica” del legale e, come avvocato, seguo cause dinnanzi ai giudici italiani, con una predilezione per casi che presentino un risvolto internazionalistico. 
Da quest’anno, come docente in “Marine Sciences”, ho avviato un accordo tra Bicocca e Nazioni Unite e seguirò, come focal point per le Nazioni Unite e supervisore di tesi, il lavoro in diritto del mare di funzionari stranieri, che trascorreranno in Bicocca sei mesi di ricerca. Quest’anno ospiteremo una funzionaria del Costa Rica con dottorato di ricerca in oceanografia. In futuro, mi piacerebbe dedicarmi al diritto internazionale del mare in maniera più strutturata e meno saltuaria, impegnandomi nell’insegnamento e nella ricerca. Mi piace moltissimo lavorare con gli scienziati della Bicocca e sostengo con grande convinzione la necessità di un approccio multidisciplinare nei confronti dell’unico, vasto oceano. 

 

Quando si pensa a un avvocato si immaginano verbali, tomi di diritto e aule di tribunale, invece il tuo percorso potrebbe portarti a partecipare a una spedizione artica. Di cosa ti occuperesti al Polo Nord?

Quando il Comandante Maurizio Demarte e la responsabile scientifica del programma “High North” dell’Istituto Idrografico della Marina, Roberta Ivaldi, mi hanno chiesto di seguirli a bordo della “Alliance” per la prossima spedizione artica a luglio 2018, mi sono subito immaginata attrezzata di macchina fotografica a caccia di orsi polari! Ma al di là degli scherzi, per l’equipaggio sarebbe una splendida opportunità quella di lavorare accanto a professionisti di diverse discipline, tutte rientranti nel più ampio schema della ricerca e della tutela di un ambiente marino freddo e vulnerabile.

Il diritto internazionale del mare regolamenta anche la navigazione tra i ghiacci e negli spazi marini artici, ma il regime delle attività in mare e le metodologie della cooperazione in Artico sono in bilico tra vecchie soluzioni giuridiche e nuove forme di collaborazione tra i vari “attori” artici, che sono molti e complessi. L’Artico diventerà sempre più strategico per le relazioni tra gli Stati e costituisce un laboratorio di sperimentazione eccezionale per un internazionalista, dal momento che agli accordi multilaterali – per esempio, su navigazione, pesca e protezione dell’ambiente marino – si affiancano regimi regionali e strumenti unilaterali. Esplorare uno spazio marino artico significa poterne percepire dal vero le complessità, imparare come si sviluppa una ricerca scientifica in condizioni estreme e contribuire alla sua conoscenza sul campo a favore di chi, finora, se ne è occupato solo dal punto di vista scientifico. Il mio inserimento in equipaggio è al vaglio dello Stato Maggiore della Marina: se sarà approvato ci risentiremo per il racconto di questa avventura.

 

Potete trovare altri contenuti di questa intervista sul sito Bnews