Jakob Panzeri
Dopo la laurea in Medicina e Chirurgia nel 2017 presso L'università degli studi di Milano Bicocca, inizia a lavorare e ad appassionarsi sempre più alla figura del medico di medicina generale, passione che lo porterà a decidere di svolgere questo lavoro nella vita.
Intervista a Jakob Panzeri
9 Maggio 2020
Jakob Panzeri, dopo la laurea in Medicina e Chirurgia nel 2017 presso L'università degli studi di Milano Bicocca, inizia a lavorare e ad appassionarsi sempre più alla figura del medico di medicina generale, passione che lo porterà a decidere di svolgere questo lavoro nella vita. Nel suo racconto cita la sua esperienza di paziente malato di Covid-19 nella speranza di sostenere i malati che lottano contro questa malattia.
Chi sei e cosa fai oggi?
Mi chiamo Jakob Panzeri, ho 28 anni e sono un giovane medico. Sono un medico di medicina generale. Il mio ambulatorio si trova a Verano Brianza, in provincia di Monza. Nel mio tempo libero, scrivo poesie e racconti. Ho pubblicato il libro di poesie "La coscienza dell'atomo" con la casa editrice Montedit e sono uno degli autori di "Ogni volta è la prima volta. 21 racconti per sensibilizzare sul tema della donazione di sangue" pubblicato da AVIS Italia con Marsilio editori. La medicina e la scrittura sono le passioni più importanti della mia vita.
Qual è stato il tuo percorso in bicocca?
Mi sono laureato in Medicina e Chirurgia nel 2017 presso Università degli Studi di Milano Bicocca. Ho fatto una tesi in Oncologia presso ospedale San Gerardo di Monza. Dopo la laurea, ho lavorato molto sul territorio e mi sono innamorato della figura del medico di medicina generale. Il medico di famiglia è il primo medico con il paziente viene a contatto. E' il primo medico che ascolta le tue parole, ti conforta nei momenti difficili, ti indirizza verso il percorso migliore di assistenza, diagnosi o terapia. Ho scelto questo lavoro proprio per il legame forte con le persone. Dietro un sintomo, c'è sempre una Persona.
Come mai hai deciso di condividere la tua esperienza?
Ho deciso di raccontare la mia storia perché vorrei donare un po' di speranza alle persone. A tutti i malati che lottano contro questa malattia. Ai medici e infermieri in prima linea. A tutti coloro che sono chiusi in casa, preda di ansia e paura. Sento il dovere di testimoniare. Anche a nome di tutti i colleghi che sono morti. Ad oggi sono 150. Alcuni di loro li conoscevo personalmente, come il dottor Italo Nosari, che è stato mio professore di diabetologia. Rendo omaggio a ha dato la vita per i propri pazienti. Martiri per dovere. Martiri per amore.
In alcune dichiarazioni precedenti hai descritto la cura a cui sei satto sottoposto. Come mai questa decisione? C’è ancora dell’incertezza sulla cura da prescrivere ai pazienti Covid-19?
Sono stato ricoverato per 14 giorni presso l'ospedale Sant'Anna di Como. Ringrazio medici, infermieri, tutto il personale sanitario dell'ospedale di Como che mi ha curato con grande professionalità e umanità. Non esiste ad oggi una cura definitiva, ma alcuni protocolli sperimentali. Ad esempio, uno dei farmaci con cui sono stato trattato si chiama Idrossiclorochina. Un farmaco utilizzato con successo in passato contro artrite reumatoide e la malaria, ma che sta dando risultati incoraggianti contro il coronavirus. La speranza è quella di poter sviluppare presto un vaccino, che possa garantirci immunità contro questa malattia. Io ora sono guarito e non vedo l'ora di riprendere il lavoro che amo.
Dal punto di vista sia di medico che di paziente, quali consigli ti senti di dare ai tuoi colleghi e allo stesso tempo a chi è affetto dalla malattia?
Dico a te, fratello che stai lavorando in ospedale.
A te, collega che sei nel tuo ambulatorio o in guardia medica.
A te, amico che sei in malattia o in isolamento.
A te, oggi studente ma, un domani, speranza per chi ha bisogno.
Non sei solo. Non siamo soli.
Vinceremo noi!
Francesca Bagnolati